Nel 2011 ho letto "Un albero cresce a Brooklyn" di Betty Smith.
Mi sembra di non averne mai parlato nel blog, non so perché visto che mi è piaciuto moltissimo.
Ieri sera mentre curiosavo nelle liste di una sfida di lettura, ho visto che in parecchi l'hanno inserito nella loro lista e mi è tornato in mente.
Avete presente quando un libro vi chiama in 1000 modi?
Michele Fazioli, divulgatore di libri come ama definirsi, ne parla un paio di volte nel suo programma, mia mamma dice che è uno dei libri più belli che abbia mai letto, nella libreria dove vado sempre é li in bella vista, un giornale ne fa la recensione, ...
Incredibile se pensate che è un libro che è stato scritto nel 1943 e ambientato nel 1912.
L'ho amato dalla prima all'ultima pagina.
Ho amato questa bambina che decide di andare alla biblioteca e vuole leggere tutti i libri che vi sono conservati, comincia dal primo libro, quello di un autore con la A e prosegue decisa ad arrivare fino all'ultimo volume con l'autore con la lettera Z.
Trama da qui.
È l’estate del 1912 a Brooklyn. I raggi obliqui del sole illuminano il cortile della casa dove abita Francie Nolan, riscaldano la vecchia palizzata consunta e le chiome dell’albero che, come grandi ombrelli verdi, riparano la dimora dei Nolan. Alcuni a Brooklyn lo chiamano l’Albero del Paradiso perché è l’unica pianta che germogli sul cemento e cresca rigoglioso nei quartieri popolari. Quando nuovi stranieri poveri arrivano a Brooklyn e, in un cortile di vecchie e tranquille case di pietra rossa, i materassi di piume fanno la loro comparsa sui davanzali delle finestre, si può essere certi che lì, dal cemento, sbucherà prima o poi un Albero del Paradiso.
Francie, seduta sulla scala antincendio, lo guarda contenta, poiché oggi è sabato, ed è un bel giorno a Brooklyn. Il sabato gli uomini ricevono la paga e possono andare a bere e azzuffarsi in santa pace. Il sabato lei, bambina irlandese di undici anni, come tutti i bambini del suo quartiere, fa un salto dallo straccivendolo. Insieme a suo fratello Neeley, Francie raccoglie pezzi di stagnola che si trovano nei pacchetti di sigarette e nelle gomme da masticare, stracci, carta, pezzi di metallo e li vende in cambio di qualche cent.
Coi suoi coetanei con i calzoni lunghi e i berretti con la visiera, le mani in tasca, le spalle curve, i capelli così corti da lasciare scoperto il cuoio capelluto, Francie se ne andrà tra un po’ a zonzo per Brooklyn. Attraverserà prima Manhattan Avenue, e poi Johnson Avenue, dove si sono stabiliti gli italiani, e infine il quartiere ebraico fino a Broadway, dove guarderà eccitata i piccoli carretti che riempiono la strada, gli uomini barbuti con gli zucchetti di alpaca, i vestiti orientali dai colori vivaci posti ad asciugare sulle scale antincendio e i bambini seminudi che giocano in mezzo ai rigagnoli.
Poi tornerà a casa, dove forse troverà sua madre, rientrata dal lavoro. Lungo il tragitto forse qualcuno le ricorderà che è un peccato che una donna così graziosa come sua madre, ventinove anni, capelli neri e occhi scuri, debba lavare i pavimenti per mantenere lei e gli altri piccoli Nolan. Qualcun altro magari le parlerà di Johnny, suo padre, il ragazzo più bello e più attaccato alla bottiglia del vicinato, qualcuno infine le sussurrerà mezze parole sull’allegro comportamento di sua zia Sissy con gli uomini.
Francie ascolterà e ogni parola sarà per lei una pugnalata al cuore, ma troverà, come sempre, la forza per reagire, poiché lei è una bambina destinata a diventare una donna sensibile e vera, forte come l’albero che, stretto fra il cemento di Brooklyn, alza rami sempre più alti al cielo.
Nominato dalla New York Public Library come uno dei grandi libri del secolo appena trascorso, Un albero cresce a Brooklyn è una magnifica storia di miseria e riscatto, di sofferenza ed emancipazione di bruciante attualità.
Betty Smith, pseudonimo di Sophina Elisabeth Werner, nasce nel 1896 a Brooklyn da genitori figli di immigrati tedeschi. Scrittrice soprattutto di teatro, nel 1943 pubblica Un albero cresce a Brooklyn, cui seguiranno Tomorrow will be better (1947), Maggie-Now (1958) e Joy in the morning (1963). Muore nel 1972.
Questo é uno degli unici cinque libri a cui ho dato cinque stelline su Anobii.
Gli altri sono :
La cattedrale del mare
Mille splendidi soli
Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano di Eric-Emmanuel Schmitt
Oscar e la Dama in rosa di Eric-Emmanuel Schmitt
Che poi queste stelline a volte sono difficili da dare, mannaggia!
Ci sono i capolavori, quelli che ti rapiscono e che non riesci a staccarti fino all'ultima pagina, e che quando li hai finiti, un po' ti dispiace, vorresti che continuassero.
E qui é facile dare 5 stelline.
Tutti quelli che mi piacciono ne ricevono 4 di stelle, e sono la maggior parte, anche se alcuni meriterebbero di più ma non sono da cinque stelle, mentre per altri la quarta stellina é regalata, ma su Anobii quelli a tre stelle sono considerati così così e mi dispiace mettere in questa categoria dei libri che comunque mi sono piaciuti.
Nella categoria a tre stelle metto quelli che mi sono piaciuti poco, o che mi hanno annoiato o che facevo un po' fatica a continuare, anche se a volte ce ne sono di quelli a tre stelle e mezza e di quelli a tre stella scarsa.
In quella a due stelle metto quelli che considero "na' palla", che non consiglierei.
In quelli a una stella metto i libri "agonia" che ho fatto una fatica immane a finire o che non sono riuscita a finire.
Rileggendo i miei giudizi su Anobii mi sono resa conto di due cose :
- spesso il giudizio che darei oggi, dopo aver lasciato "decantare" il libro, non sempre coincide con il giudizio che avevo dato appena finito di leggere.
- Quasi sempre leggendo le altre critiche, per ogni libro c'é una differenza enorme fra i giudizi, lo stesso libro che da molti viene osannato, da parecchi altri viene invece visto come uno scempio della letteratura, e viceversa.
E voi come vi regolate con l'assegnazione delle stelline, o con i gradimenti, se ne date?
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